
Abruzzo. La Regione Abruzzo ha emanato ieri un’ordinanza che vieta le attività lavorative nelle ore più calde per i comparti agricoltura ed edilizia. Una misura importante, sollecitata dai sindacati confederali, ma che risulta essere una soluzione parziale.
Ci sono migliaia di lavoratori metalmeccanici e di altri settori industriali che, ogni giorno, sono costretti a lavorare in fabbriche, capannoni e officine esposti a temperature elevate e microclimi estremi.
Le alte temperature e l’umidità, come riportato nelle linee di indirizzo nazionali per la protezione dei lavoratori dal calore e dalla radiazione solare, rappresentano un rischio reale per la salute: possono causare dermatiti da sudore, crampi, disidratazione, squilibri idrominerali, fino ad arrivare a casi gravi di esaurimento da calore e colpi di calore che mettono a rischio la vita.
“Non basta fermare il lavoro all’aperto: occorre garantire condizioni di sicurezza anche dentro le fabbriche. In alcuni contesti è necessario riorganizzare i turni di lavoro per svolgere le attività nelle ore più fresche. I lavoratori hanno diritto a spazi ventilati, più pause e in zone fresche, acqua sempre disponibile e DPI che non aggravino l’esposizione al caldo”, commenta Natascia Innamorati, della Fiom Cgil.
“Perché affrontare il rischio delle alte temperature va oltre la semplice valutazione delle condizioni ambientali. È fondamentale tenere in considerazione diversi fattori, come le temperature generate dalle macchine, gli indumenti indossati da lavoratrici e lavoratori e la percezione individuale delle temperature, tenendo conto di fattori come età, sesso e condizioni fisiche e lavorative. Ignorare o sottovalutare tali elementi potrebbe avere gravi conseguenze sulla salute fisica e psicologica”.
“Inoltre, la valutazione dei rischi aziendale deve includere specificamente il rischio microclimatico, e la sorveglianza sanitaria deve essere garantita a chi è esposto.
“Se le aziende non attuano queste misure, le lavoratrici e i lavoratori devono rivolgersi immediatamente alla RSU o all’RLS, pretendere l’intervento del medico competente. Tenendo in considerazione che se le situazioni di criticità non dovessero essere immediatamente affrontate dall’azienda, è possibile mettere in atto azioni straordinarie, quali la sospensione del lavoro, come previsto dall’art.44 del Testo Unico sulla Sicurezza.
È bene, in ultimo, ricordare che malesseri per via delle alte temperature possono e debbono attivare la denuncia di infortunio sul lavoro.
Il caldo non è un’emergenza improvvisa: è un rischio prevedibile e prevenibile. Non basta solo la politica: serve anche una responsabilità sociale da parte delle imprese, che mettano la salute e la sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori davanti al profitto. Molto spesso vediamo che la responsabilità sociale delle imprese manca sempre di più, e allora solo l’unione delle lavoratrici e dei lavoratori è la strada per ottenere condizioni di lavoro migliori per tutte e tutti. La salute dei lavoratori non si può mettere in secondo piano, né dentro né fuori le fabbriche”.