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Champagne rosè: le 3 + 1 versioni

Sayonara Tortoreto

L’ho detto e lo ripeto: la Champagne è una regione complessa come terroir! Le zone e le relative sottozone sono estremamente diverse e vanno studiate a fondo con metodo e perseveranza per comprendere le logiche ed i segreti di questa terra benedetta da Bacco per poter essere in grado di scegliere la bottiglia da degustare basandosi sulla zona di provenienza e produzione del prodotto e non su questa o quella etichetta, prezzo o denominazioni attribuite dallo stato oramai 100 anni fa!

 

Le versioni rose’ degli champagne sono spesso sottovalutate, relegate a “bollicina di facile beva” e si vuole una “spremuta di frutti rossi con le bollicine”! Negli ultimi anni c’è stata una notevole evoluzione di questa categoria, specie per le versioni più strutturate adatte quindi a “reggere” un pasto intero. Cerchiamo di fare chiarezza con una dialettica semplice e “volgare” che poi è il modus operandi di questa rubrica. Lo champagne rose’ si può produrre con assemblaggio di vino bianco (quasi sempre chardonnay) e vino rosato ottenuto da pigiatura soffice (senza far lacerare la buccia in modo da evitare il rilascio di tannini) di uve a bacca rossa (pinot noir o meunier) per ottenere prodotti delicati, non eccessivamente secchi anche se dipende molto dalla percentuale di vino rosato utilizzato comunque è la metodica più facile e più utilizzata. Poi c’è l’assemblaggio tutto a bacca rossa con netta prevalenza di vino rosato sul rosso (che avrà avuto una ridotta macerazione sulle bucce) per ottenere un prodotto più strutturato, secco, vinoso ma senza percezione di astringenza.

Infine c’è il rose’ de saignèe (salasso e si pronuncia segnè) prodotto integralmente spumantizzando un vino rosso che ha avuto un breve contatto sulle bucce (18-24 ore). La tecnica prevede il prelievo del vino da spumantizzare dalla parte inferiore della botte (salasso) dove c’è il vino più “pulito” e fragrante di aromi dato che le bucce si depositano in superficie così berremo degli eleganti vini rossi con le bollicine e l’astringenza si avvertirà in modo infinitesimale. La quarta versione (3+1) è data da una metodica ibrida che un produttore della Val D’Or ha prodotto! Ci riuniamo in 20 nella “carboneria del vino” per addentrarci nella selva misteriosa degli champagne rose’ iniziando con il Gremillet rosè d’assemblage in versione particolare (70% di vino rosato pinot nero) rispetto al solito (20%circa); il colore rosato profondo è stato preludio ad una struttura imponente che ha invaso tutto il palato ma il produttore è riuscito a conservare l’eleganza ed il varietale di frutti rossi che un rose’ d’assemblage deve avere. Se si aggiunge una buona sapidità finale (che non molti rosè hanno), il Gremillet rosè si è dimostrato un prodotto completo acquistabile a 45 euro in enoteca onesta anche se ha pregiudicato l’iter gustativo creando problemi al rose’ successivo!

La Cote des bar è spesso relegata a zona secondaria rispetto a quelle del nord ma, quando si trova la maison collocata nella sottozona giusta che, ai vini maturi, eleganti e complessi della zona riesce ad aggiungere mineralità dovuta al sottosuolo argilloso-calcareo risalente a circa 150 milioni di anni fa (simile alla vicina chablis), si beve bene ed a prezzo giusto.Il rosè di Gremillet è una garanzia ed è importato in Italia da Il Borro, l’azienda di Salvatore Ferragamo ben pianificata dal direttore vendite dott. Berardino Torrone, un vero impavido dei sentieri del vino! Passiamo al secondo rosè variando vitigno e metodica; siamo nella Vallèe de la Marne / nord quindi sopra al fiume Marna (ogni grande terroir ha un grande fiume) dove Denis Salomon (vigneron endependant) produce uno champagne rose’ di 100% meunier (vitigno a bacca rossa molto diffuso nella Vallèe de la Marne) di cui il 10% di vino rosso (sempre con un contatto moderato con bucce) e dosaggio extra brut (5g.per litro). Il prodotto si è dimostrato valido ma non si è potuto mettere in pratica l’ iter crescente a livello d’impatto gustativo data la struttura del rosè precedente: una sorpresa! Difficilmente l’annata successiva sarà così quindi vi suggerisco di farne scorta (Gremillet)! A questo punto, la logica suggerirebbe d’introdurre il rose’ de saignèe (salasso in italiano e si pronuncia segnè) cioè prodotto interamente da vino rosso ma, grazie al prezioso suggerimento di due miei abili clienti, Alan e Gaetano (perchè io collaboro con i miei clienti come un team unito), ho proposto un “ibrido” cioè uno champagne rosè composto dal 54% di vino rosso pinot noir per la struttura e dal 46% di vino rose’ frutto di 3 annate consecutive assemblate (mini solera) per la complessità aromatica giacchè ogni annata ha le proprie peculiarità.

Il Roseraie (giardino di rose) di William Saintot della Val d’Or è un archètipo di champagne rose’, un turbinio di emozioni dal primo all’ultimo sorso e, anche grazie al dosaggio di soli 3 g. per litro di zuccheri, fa sentire tutta la potenza del vino rosso. In pratica, per soli 50 euro, avrete l’impressione di bere un bourgogne pinot noir con le bollicine in un giardino di rose pregno di profumi! Concludiamo, come già accennato, con un rosè de saignèe quindi tutto vino rosso di pinot noir ottenuto però con un breve contatto sulle bucce (24 ore circa) della medesima maison del precedente, William Saintot situato all’estremità est della vallèe de la marne esattamente a Tour sur Marne comprensorio premier cru( identifica alta vocazione delle vigne alla qualità); la “mano” è la stessa ed infatti al gusto è un roseraie meno ricco di profumi ma più strutturato, sapido con una percezione di giusta astringenza (enfatizzata dal dosaggio di 3 g. per litro), un vero e proprio bourgogne rouge con le bollicine. E’ in grado di reggere piatti forti ed il prezzo di 68 euro è più che giusto per l’unicità del prodotto! La preferenza dei degustatori (alla cieca) ha eletto vincitori a pari merito il Gremillet rosè ed il Roseraie, ovviamente per motivi diversi. Da notare che la forbice di costo dei prodotti assaggiati (di elevata qualità) è stata 45/68 euro a testimonianza del fatto che non serve spendere cifre abnormi e, soprattutto è ora di smetterla di scegliere le etichette blasonate ma oramai devastate da scelte produttive e commerciali dubbie! Riflettete, scegliete con i sensi.

Stefano Grilli – ENOTECA SARAULLO ANNO DOMINI 1966
TORTORETO LIDO

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