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Abruzzo

Polizia locale, la riforma che non piace: l’associazione professionale chiede intervento del Governo

La categoria lamenta il fatto che la riforma sia passata in sordina

Abruzzo. Una riforma passata in sordina, approvata in piena notte e senza alcun confronto preventivo, ha acceso i riflettori sulla recente modifica alla legge regionale abruzzese in materia di Polizia Locale. L’ANVU – Associazione Professionale della Polizia Locale d’Italia – ha inviato una segnalazione al Commissario del Governo e ai vertici istituzionali del Paese, denunciando un provvedimento che rischia di cambiare in profondità l’identità e la funzione della Polizia Locale, non solo in Abruzzo.

La norma, inserita “a sorpresa” all’interno della legge di rendiconto finanziario, ha introdotto un cambiamento strutturale: la direzione operativa dei Corpi viene sottratta ai comandanti interni, in uniforme, per essere affidata a dirigenti amministrativi esterni, privi di competenza tecnico-operativa e formazione in materia di pubblica sicurezza, diritto penale, procedura e tecniche investigative. Una scelta che – secondo l’ANVU – altera la natura stessa della Polizia Locale, rendendola vulnerabile a pressioni gestionali e logiche estranee alla legalità sul territorio.

L’Associazione sottolinea come tale assetto possa favorire un utilizzo strumentale della funzione di polizia, subordinandola ad esigenze di bilancio, produttività e mero ritorno economico. Con l’effetto – grave e tangibile – di snaturare il presidio civico, educativo e sociale che la Polizia Locale rappresenta quotidianamente per i cittadini. Si afferma così una visione burocratica e repressiva della sicurezza urbana, che allontana l’agente dal marciapiede e lo spinge verso un modello sanzionatorio, dove contano solo i numeri e gli incassi, non la qualità del servizio.

La questione ha un evidente riflesso giuridico. L’intervento legislativo regionale, secondo l’ANVU, risulterebbe non solo in contrasto con la legge quadro nazionale n. 65/1986, ma potenzialmente incostituzionale per violazione degli articoli 97, 109 e 117 della Carta. Il provvedimento parrebbe infatti costruito su misura per eludere le sentenze che avevano imposto al Comune dell’Aquila di riorganizzare il proprio Corpo di Polizia Locale in conformità alla normativa regionale previgente. La modifica sembrerebbe quindi finalizzata a neutralizzare gli effetti di pronunce passate in giudicato e a svuotare di efficacia l’azione del Commissario ad acta già nominato dal Prefetto.

Ma al di là delle implicazioni giuridiche, è il principio democratico ad essere messo in discussione. Quando le funzioni di polizia vengono sottratte ai loro interpreti naturali preparati, selezionati, formati con anni di esperienza – per essere affidate a dirigenti privi di legame con il territorio, la sicurezza smette di essere prossimità e diventa imposizione.

I cittadini rischieranno domani di ritrovarsi di fronte a una struttura organizzata per rispondere a obiettivi amministrativi, lontani dalle esigenze reali della comunità.

Per questo l’ANVU, pur aperta a un confronto serio e responsabile sulle riforme, chiede con forza che venga ripristinato un assetto coerente con i principi costituzionali, che garantisca l’autonomia tecnica e funzionale della Polizia Locale, la trasparenza istituzionale e la lealtà tra poteri dello Stato. Perché una Polizia Locale davvero vicina al cittadino non può essere gestita come un ufficio qualsiasi. E perché la sicurezza non è una voce di bilancio, ma un diritto costituzionale.

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