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Abruzzo

La Commissione d’inchiesta sul rischio idrogeologico in missione in Abruzzo

Abruzzo. La Commissione d’Inchiesta sul rischio idrogeologico e sismico del Territorio italiano, sull’attuazione delle norme di prevenzione e sicurezza e sugli interventi di emergenza e ricostruzione in seguito agli eventi calamitosi del 2019, sarà in missione istituzionale in Abruzzo a gennaio 2026.

L’ho richiesto, in qualità di Vicepresidente, per verificare il lavoro fin qui svolto sul territorio di Bucchianico e di Chieti, i più colpiti durante la calamità, le gravi problematiche ancora in essere e a tutt’oggi irrisolte, le carenze normative locali che necessitano di interventi e le istanze territoriali

Si tratta di una missione moralmente doverosa che nasce anche dall’ultima audizione del Capo Dipartimento della Protezione civile Fabio Ciciliano e del Presidente Nazionale per la Previsione e Prevenzione dei grandi rischi Eugenio Coccia, già rettore in Abruzzo che ha permesso di sottolineare come la gestione di uno stato di emergenza di Protezione civile necessiti di tre fattori fondamentali: risorse importanti e rese immediatamente disponibili con un allungamento della contabilità speciale; procedure semplificate per i Comuni; personale numericamente adeguato e professionalmente preparato per seguire quelle stesse procedure. Occorre poi una Legge Quadro sulla gestione dei Disastri per evitare il tiro delle giacchette della politica

 

Ho posto domande puntuali partendo proprio dalle esperienze maturate anche in Abruzzo

Ho chiesto al Capo Dipartimento Ciciliano se, nel corso della sua esperienza, circa la gestione della protezione civile, ritenga che si possa allungare la vita della contabilità speciale, che a volte insorge e poi scompare, come specialità di rendicontazione e di utilizzo di quelle fondamentali risorse che sono finanziarie quando il disastro ha attaccato e aggredito e un territorio. Ritengo che la Protezione civile ha una reputazione come quella dell’oncologo e se quella struttura rafforza il bisogno di allungare la vita alla contabilità speciale, io credo che questa tesi venga ascoltata di più e abbia la forza di sedersi nel veicolo della norma. Ho personalmente visto in concreto la sofferenza che si genera quando cessa la contabilità speciale e compare la complessità della rendicontazione ordinaria;

• Chiediamo la possibilità di semplificare le competenze e “le plurali ministerialità”: non si ritiene una cosa buona e giusta evitare la parcellizzazione degli interventi quando dobbiamo curare e risanare suolo e sottosuolo? Ecco perché è fondamentale una Legge Quadro sui disastri per evitare il tiro delle giacchette, e ricordo l’impegno importante di un onorevole molisano Astorre, che chiedeva di lavorare a una Legge quadro sulle emergenze che in automatico stabilisse come si opera e con quali risorse.

• Qual è l’entità delle risorse previste nel bilancio di quest’anno per la provvista e gestione del Dipartimento della Protezione civile, risorse che devono essere commisurate a tutte le situazioni di crisi che vengono gestite

• E ancora è evidente che quando il territorio diventa protagonista di un’emergenza il capo Dipartimento Ciciliano si trova dinanzi a figure professionali striminzite numericamente, sono sempre gli stessi pochi funzionari che devono gestire infiniti procedimenti. E allora non può arrivare un incoraggiamento suo per far sì che i Rup vengano presi anche dagli albi professionali rigorosamente costituiti in ragione solo delle competenze maturate, per evitare la sarabanda delle perdite di tempo

• c’è infine una direttiva antipatizzata dall’Italia e da altri stati membri la Direttiva 2014-89UE che, pensata e resa norma nel 2014 con un periodo di gradazione sino a marzo 2021, chiedeva atti di inibizione costruttiva in corrispondenza del rapporto tra terra e mare, ma a oggi non s’è fatto nulla in Italia salvo chiedere allo Iuav di fare qualcosa, sul piano della convegnistica educativa; chiedo allora che si sta facendo per evitare pericoli crescenti dal mare trattato male, come l’esondazione dal mare, che è di sicuro più distruttiva di quella dal fiume. Probabilmente per il buono Piano delle Acque è mancata l’interlocuzione fruttuosa tra regione, enti locali e autorità di bacino e noi auspichiamo che si recuperi adesso ciò che andava fatto cooperativamente prima, senza tiri alla fine irresponsabili, sapendo che le regole alla fine fanno bene se sono ragionevoli e tecnicamente supportate.

Dal Capo Dipartimento Ciciliano sono arrivate risposte altrettanto puntuali che ci impongono una riflessione operativa, ovvero

– il vero problema nella gestione delle risorse destinate alle emergenze non sarebbe la contabilità speciale, ma la criticità è la rendicontazione, l’attività amministrativa economico-finanziaria che l’ente locale non riesce a svolgere. Quasi sempre i disastri non toccano le grandi città che hanno un robusto assetto amministrativo, ma spesso i piccoli comuni in cui il Segretario generale è a scavalco su 3 comuni, e il dirigente tecnico è un geometra su 5 comuni. I Sindaci che devono gestire costi d’emergenza di gran lunga superiori allo stesso bilancio comunale, rischiano di esporsi a debiti fuori bilancio che poi si portano a casa. Ma nessun sindaco giustamente vuole un’attività del genere sul territorio, quindi, come ha sottolineato il Capo Dipartimento Ciciliano occorre dare copertura ai sindaci per la gestione del territorio, intesa sia come gestione dell’ordinario, gestione dell’emergenza e della prevenzione;

– Se le procedure di attivazione della protezione civile sono già oggi piuttosto agili, resta la criticità sulla gestione ordinaria e sulla governance dei territori quando i sindaci hanno povertà amministrativa per il personale;

Per il 2026 la posta di bilancio per la gestione della Protezione civile ammonta a 1miliardo di euro, che il Dipartimento di protezione civile può utilizzare per il supporto e la gestione delle emergenze nei vari territori, ma affinchè lo stesso territorio sia protagonista occorre che abbia lo strumento, ossia la risorsa umana, occorre che abbia un ufficio tecnico preparato, e non improvvisato. Con ANCI si sta facendo un ragionamento di adozione, in caso di emergenza, di funzionari di enti locali che si mettono a disposizione per supportare gli enti locali colpiti, ma questa non può essere la gestione ordinaria di un contesto. Il suggerimento è dunque quello di favorire l’Unione dei Comuni per surrogare alle carenze di singole professionalità,

 

È infine in atto un’attività di verifica sul rischio generato da possibili maremoti in Italia; l’esperienza ci dice che in occasione del terremoto di Messina, nel 1908, delle 30mila vittime contabilizzate, la maggior parte morì non per la scossa sismica, ma per lo tsunami conseguente, e quello che oggi si sta facendo è capire l’onda di intrusione nei territori, quanta acqua entrerebbe nei territori a seconda della loro diversa conformazione. Gli elementi di rischio oggi derivano dallo Stromboli, dalle attività sismiche importanti nel sud Italia, ma anche della Grecia, dalla zona del mar Egeo e dall’esistenza di un megavulcano al di sotto del pelo dell’acqua che è il Marsili uno dei più attivi del momento ed è pericoloso

 

Credo che tali elementi saranno oggetto di verifica puntuale, diretta, sul campo, in Abruzzo, durante la missione

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