Tortoreto, nuova palazzina in centro: il Consiglio di Stato rigetta il ricorso
Nella sostanza resta valido il pronunciamento del Tar che aveva annullato il permesso di costruire

Tortoreto. Il ricorso è inammissibile e dunque resta in vigore il giudizio del Tar che più di un anno fa aveva annullato il permesso di costruire per una palazzina in via Carducci, nel centro di Tortoreto, era stata realizzata una palazzina residenziale con locali commerciali al piano terra.
E’ una vicenda destinata a produrre effetti successivi, inevitabilmente, quella che ha sancito il Consiglio di Stato che ha analizzato e rigettato, perché improcedibile, l’impugnativa e ricorso incidentale presentato della società che aveva realizzato la palazzina in via Carducci e il Comune di Tortoreto.
E nel dispositivo della giustizia amministrativa di secondo grado c’è un passaggio importante, che nella sostanza ha indirizzato l’esito del ricorso: che andava impugnato ogni singolo passaggio delle osservazioni formalità dal Tar, e in particolar modo quelle legate all’obbligo di cessione delle aree al Comune.
E nulla conta se sulla vicenda si sia consumato anche un procedimento penale con assoluzione dei convenuti (società costruttrice e tecnici). Il titolo concessorio, come aveva stabilito il Tar, non poteva essere rilasciato. E nulla conta se dopo 8 anni la palazzina non solo è stata completata: gli appartamento e i locali commerciale venduti e di riflesso occupati. Il ricorso al Tar era stato presentato da un confinante.
Cosa aveva detto il Tar.
Gli aspetti determinanti sono essenzialmente quattro. Gli spazi destinati a parcheggio non soddisfano i parametri previsti delle norme urbanistiche (un posto auto per ogni 100 metri quadrati residenziali e 3 posti auto per 100 metri quadrati per attività commerciale). Il secondo elemento riguarda l’altezza del del fabbricato (potevano essere quattro piano fuori terra) e secondo la relazione del CTU del Tribunale di Teramo risulta che l’edificio è stato progettato e realizzato in violazione del limite di altezza.
Poi c’è l’aspetto degli ingombri dei balconi che non rispetterebbero la distanza originaria, con l’abitazione confinante. Infine l’intervento edilizio non rispetta l’obbligo assunto nei confronti del Comune, posto a condizione di ammissibilità dell’intervento di demolizione con sopraelevazione, di cedere il 30% della superficie del piano terra e della destinazione commerciale e a servizi del restante 70%.
Le spese sono state compensate dinanzi al Consiglio di Stato. Sul piano pratico ora la matassa dovrà essere dipanata alla luce di un caso decisamente particolare.