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Teramo

Gaza, Teramo prepara un’altra protesta

Venerdì all'Università per evento One Health

“Lavoriamo per il bene della comunità con gli alleati più disparati”. Così si è espresso Nicola D’Alterio, direttore dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Teramo, per giustificare l’invito di Marco Minniti e Stefano Pontecorvo, presidenti rispettivamente della Fondazione Med-Or e di Leonardo S.p.A., presso l’Università di Teramo, a un incontro dal titolo One Health, One Earth, che avrebbe dovuto parlare di salute e benessere, di una salute unica che lega corpi, ecosistemi e territori“.

“Una frase che suona rassicurante, levigata nel linguaggio del marketing istituzionale, mentre sposta l’attenzione dalla semplice evidenza che gli “alleati più disparati” non sono per nulla compatibili con un bene collettivo, soprattutto se, nei fatti, si portano in cattedra i finanziatori di guerra e di tecnologie di morte. E allora, a quale comunità ci si riferisce in quella giornata? Chi è dentro e chi resta fuori da questo lemma? I palestinesi ne faranno parte? Oppure, insieme agli altri dannati della terra, ne resteranno ai margini, esclusi e disumanizzati? E, allo stesso tempo, quale idea di salute si sta rincorrendo? Una salute che si poggi sulle basi della giustizia sociale, accessibile a tutti e a tutte, anche e soprattutto agli ultimi e alle ultime? Oppure l’ennesimo privilegio riservato a chi possiede già potere e risorse, e può permettersi persino di predare quelle altrui?”, si legge nella nota della Casa del Popolo.

“Israele non avrebbe potuto portare avanti la propria guerra di sterminio senza il sostegno economico, diplomatico e industriale delle potenze occidentali. La sua economia sarebbe crollata senza la negligenza colpevole di istituzioni politiche, finanziarie, accademiche e culturali, che avrebbero dovuto, fin dal primo giorno, interrompere ogni rapporto con l’entità sionista. E la sua reputazione non avrebbe resistito così a lungo senza quella macchina di manipolazione e disinformazione, nutrita da dosi massicce di propaganda e fake news, che ha ribaltato la realtà fino a trasformare l’orrore della cancellazione di un popolo e la brutalità di una pulizia etnica in una questione di difesa dell’“unica democrazia del Medio Oriente”. Così, per due anni, Israele ha potuto continuare indisturbato la propria opera di genocidio sotto gli occhi del mondo, radendo al suolo case, scuole, ospedali, interi quartieri, con la piena complicità dell’Europa e dell’Italia, ancora oggi terzo partner militare e commerciale di Israele. Nel cuore di questa catena di violenza e di profitto siede Leonardo S.p.A., la più grande azienda bellica italiana e la prima produttrice di armi dell’Unione Europea, controllata per il 30% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze: una macchina industriale che ha fatto della morte la propria rendita e che ha nascosto, dietro il linguaggio neutrale del progresso tecnologico, umanissime mani sporche di sangue”.

“È qui che entra in scena la Fondazione Med-Or, braccio culturale di Leonardo S.p.A., creata per dare un volto presentabile alla propria politica di morte, per rendere accettabile, persino desiderabile, la penetrazione dell’industria bellica dentro l’università e nei luoghi della conoscenza. A capo di questa fondazione siede Marco Minniti, l’uomo che da ministro dell’Interno ha reso sistematica l’esternalizzazione delle frontiere e la militarizzazione del Mediterraneo, trasformando la gestione delle migrazioni in un dispositivo di controllo e di profitto, che ha reso i nostri mari luoghi di sepoltura di migliaia di corpi senza nome. Oggi, attraverso convegni, accordi e progetti di ricerca, Med-Or e Minniti normalizzano l’idea di sicurezza come principio assoluto, traducendo l’immaginario coloniale in linguaggio accademico e producendo narrazioni che giustificano guerre e confini, che legittimano le detenzioni amministrative e la violenza sistematica contro chi quei confini li attraversa. Leonardo, dal canto suo, si occupa di fornire le armi e la tecnologia per mantenere i confini con la forza”.

“Persino un evento dedicato alla cosiddetta One Health rivela tutta la contraddizione plastica di queste istituzioni. È proprio servendosi come grimaldello ideologico di fondazioni come la Med-Or che l’industria bellica riesce a farsi spazio addirittura dentro il lessico della cura, nei discorsi sulla salute. E questo è possibile perché, anno dopo anno, Leonardo è entrata nei nostri atenei, già indeboliti da decenni di privatizzazioni, di retorica del merito e di competizione neoliberista, colonizzando la ricerca pubblica e piegandola alle proprie finalità. Dietro l’apertura accademica al mondo del progresso e dell’innovazione scientifica si cela l’ipocrisia e il cinismo di un concetto di progresso tecnocratico e capitalista, che ha costruito il proprio bottino di conoscenza sull’esclusione dei popoli colonizzati e sullo sfruttamento delle loro vite e delle loro risorse. La salute non si costruisce con i mercanti di morte. Non possiamo accettare che si fondi su un costo di vite umane considerato da alcuni inevitabile, quasi fisiologico. Quello che chiediamo, al contrario, è che vengano recisi tutti i legami e i contratti che uniscono università e istituti di ricerca pubblica ad aziende belliche come Leonardo o a fondazioni culturali complici come la Med-Or. Che la conoscenza torni a essere libera, non asservita alle logiche di guerra e di profitto; che la ricerca pubblica non sia più piegata a sostenere, direttamente o indirettamente, il genocidio del popolo palestinese. Perché il sapere non è soltanto ciò che ci consente di comprendere la realtà, ma anche ciò che ci permette, e ci impone, di prendere posizione. E oggi, di fronte a un genocidio, nascondersi dietro la neutralità significa continuare a infilare proiettili nel caricatore dell’oppressione, invece di disarmarla”.

L’appuntamento per la protesta è per venerdì alle 17.30 con un presidio alla rotonda di Colleparco.

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