
Abruzzo. “Per aumentare salari e pensioni, per dire no al riarmo, per investire su sanità e scuola, per dire no alla precarietà, per una vera riforma fiscale”. Anche l’Abruzzo sarà in piazza a Roma, sabato 25 ottobre, nell’ambito della manifestazione “Democrazia al lavoro” promossa dalla Cgil nazionale. Dalle quattro province abruzzesi e dal Molise partiranno 20 pullman e un treno, per un totale di circa 1.500 partecipanti.
Della mobilitazione della Cgil Abruzzo Molise in vista della manifestazione di Roma si è parlato oggi nel corso di una conferenza stampa nella sede del sindacato, a Pescara. Presenti il segretario generale Carmine Ranieri e Franco Rolandi, della segreteria regionale.
Il treno partirà alle 9:25 dalla stazione di Pescara e alle 9:37 da quella di Chieti. Per quanto riguarda gli autobus, in provincia di Chieti le partenze sono previste tra le 7 e le 8 da San Salvo, Vasto e Lanciano; nell’Aquilano, tra le 9:30 e le 10:30, da Sulmona, Pratola Peligna, L’Aquila e Avezzano; in provincia di Teramo, tra le 8:45 e le 9, da Silvi (con fermate a Pineto, Roseto, Giulianova, Mosciano, Bellante, San Nicolò e Teramo) e Martinsicuro (con fermate a Nereto, Sant’Omero, Teramo e Colledara). Una volta a Roma, il concentramento è previsto alle ore 13:30 in Piazza della Repubblica, da lì partirà il corteo che raggiungerà Piazza San Giovanni, dove sono previsti, tra gli interventi, quelli di Luc Triangle, segretario generale dell’Ituc, e di Maurizio Landini, segretario generale della Cgil.
“La strada intrapresa dal Governo peggiorerà le condizioni di vita e di lavoro della stragrande maggioranza delle persone, colpendo lavoratori, pensionati, giovani, donne”, sottolinea la Cgil Abruzzo Molise, secondo cui “la manovra è sbagliata e rappresenta anche un raggiro nei confronti di lavoratori e pensionati, perché con una mano dà, ma con l’altra toglie molto di più”.
“Il fiscal drag – sottolinea Ranieri – in realtà toglie di più ai lavoratori in termini di salario reale rispetto a quanto venga dato ad alcune categorie di lavoratori attraverso la riduzione delle aliquote fiscali. Il risanamento dei conti pubblici è stato fatto attraverso una maggiore tassazione dei lavoratori dipendenti e dei pensionati e con queste tasse in più il governo mette in campo un equilibrio di bilancio, così nel 2026 uscirà dall’extra deficit. Nulla, però, hanno pagato le rendite finanziarie o i grandi patrimoni, tutto si è scaricato sulle spalle dei lavoratori”.
“Tra l’altro – va avanti il segretario – nel 2026, uscendo dalla procedura di extra deficit, il governo potrà indebitarsi nuovamente per il riarmo del nostro Paese, così come è stato promesso al presidente Trump, anziché sostenere la nostra sanità, il cui finanziamento in rapporto al Pil è al minimo storico, anziché finanziare l’istruzione, la ricerca. Insomma – conclude Ranieri – anziché favorire lo sviluppo di questo Paese e la giustizia sociale”.