
Lettomanoppello. “E’ arrivato qui davanti e mi ha detto quello che aveva fatto. Mi ha detto ‘ho sparato a mia moglie e non so se è morta. Ho litigato con mio figlio, lei ha iniziato a urlare contro di me e io ho preso la pistola e gli ho sparato'”.
Questo il racconto della titolare del bar Belvedere di Turrivalignani, il locale nel quale ieri sera si era asserragliato Antonio Mancini dopo aver ucciso in strada, a Lettomanoppello, l’ex moglie Cleria Mancini.
Il pregiudicato, dopo aver freddato l’ex moglie con una pistola rubata nel 2011 a una guardia carceraria, e sparato anche contro il nipote 12enne, salvato grazie all’auto dietro la quale si era nascosto, era salito in sella al suo scooter per disabili e si era recato nel bar dove passava abitualmente le giornate, a pochi chilometri di distanza.
“Io non sapevo cosa fare ma ho cercato di stare calma perché ho visto che era una pistola vera – ha raccontato l’esercente -. Gli ho versato da bere davanti al bancone e lui mi ha detto che non sarebbe uscito perché doveva aspettare i carabinieri e doveva sparare a tutti i carabinieri che sarebbero arrivati. Poi si è arrabbiato con un cliente che è entrato nel bar, si è innervosito con questa persona. Come è uscito fuori per rincorrerlo io ho chiuso il bar e mi sono barricata dentro perché ero da sola. Lui veniva spesso. Era venuto anche la mattina. Spesso veniva il pomeriggio a giocare a carte. Qui non aveva mai avuto momento di nervosismo e non aveva mai dato fastidio a nessuno”.
Dai racconti di altri testimoni, parrebbe che Mancini abbia offerto da bere, con l’arma ancora in pugno, anche a una donna presente nel bar con il figlio.