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Abruzzo

La forza delle Donne, all’Emiciclo la giornata contro la violenza sulle donne VIDEO

Abruzzo. Testimonianze di coraggio e memorie di donne vittime di femminicidio. Otto storie rievocate all’interno dell’Aula consiliare del Consiglio regionale dell’Abruzzo. Otto donne a cui è stato riconosciuto l’alto valore istituzionale della loro missione o del loro sacrificio.

 

“La Forza delle Donne“, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, è l’evento che la Presidenza del Consiglio ha organizzato per riconoscere valore e dignità a famiglie, associazioni, professionisti, che si confrontano giornalmente con il tema della violenza di genere. “La memoria non basta, oggi c’è l’impegno del Consiglio regionale per trasformare queste tragiche storie in azioni concrete e sostegno. Non possiamo cambiare ciò che è accaduto ma abbiamo l’obbligo di cambiare ciò che accadrà”. Ha detto la vicepresidente Marianna Scoccia, introducendo la cerimonia. La consigliera segretaria Erika Alessandrini, ha dichiarato: “Quella delle donne è una rivoluzione incompiuta.

Dobbiamo favorire percorsi educativi stabili e rispetto del rifiuto, ma anche il linguaggio deve diventare strumento di responsabilità pubblica. Il rifiuto non è una colpa è necessario un nuovo modello di maschilità”. Un evento per le donne, promosso dalle donne elette all’Assemblea Legislativa: oltre Scoccia e Alessandrini, hanno presenziato Marilena Rossi e Carla Mannetti; Antonietta La Porta e Maria Assunta Rossi, pur se assenti, hanno collaborato all’organizzazione. Proprio alle Consigliere si è rivolto il presidente Lorenzo Sospiri: “Ringrazio le mie colleghe per aver voluto questa cerimonia e il fatto che tutti i miei colleghi siano qui ad ascoltare è già un fatto di evoluzione culturale – ha detto – Abbiamo bisogno di credere che questo dramma possa essere impattato con efficacia e segnare la strada di ciò che resta da fare. Il problema sono gli uomini, non le donne vittime, lo dobbiamo ricordare sempre.

Oggi abbiamo due momenti importanti il primo è una testimonianza fattuale di ciò che si può fare e come riuscire a rialzarsi e a farcela, l’altro, il ricordo delle vittime è un valore, e anche questo segna un esempio, purtroppo drammatico e senza lieto fine, ma suona la campanella e dice attenzione ci sono strumenti, parlane, fatti aiutare trova il coraggio”. A chiudere gli interventi istituzionali, Rosa Pestilli, presidente della Commissione regionale pari opportunità, che ha evidenziato il lavoro fatto nei primi dodici mesi dell’organismo: “La parità è un cammino che percorriamo ogni giorno e con il nostro progetto On the Road stiamo costruendo una rete di relazioni per creare azioni forti concrete. Doneremo una campanella rossa simbolica alle donne del Consiglio regionale per restare vigili e ricordare sempre di denunciare”. In Aula erano presenti i consiglieri rappresentanti di tutti i gruppi consiliari, oltre al Difensore civico, Umberto Di Primio.

Le voci delle donne: gli attestati di merito

Francesca Pace, vittima di violenza domestica, che ha trovato la forza di rompere il silenzio proteggendo se stessa e i suoi figli: “Mi chiamo Francesca Pace e sono stata vittima di violenza domestica. Da 1 anno e 8 mesi sono andata via dalla mia casa insieme ai miei 2 figli e mi sono allontanata da mio marito con cui stavo da 23 anni. Percorrendo tutte le vie legali, ho tutelato la mia e la loro vita. Ho lasciato la mia casa, una vita e un marito che reputavo il miglior uomo che poteva capitarmi; lo amavo e credevo che di meglio non potessi avere. Sicuramente questa idea nasce anche dal fatto di essere cresciuta in una famiglia dove ha sempre ‘regnato’ una sorta di patriarcato, dove la donna doveva essere sempre al servizio dell’uomo e delle sue idee, dove ogni eventuale parere diverso poteva essere visto come ribellione. Ecco, questa e’ stata la mia più grande debolezza, ho creduto che fosse tutto normale. Grazie al mio avvocato, alle forze dell’ordine, alle varie istituzioni si è innescato un meccanismo di protezione e ne siamo usciti sani e salvi io e i miei figli. Spero che la mia testimonianza serva a fare capire a tutte le donne che bisogna parlare, bisogna aprirsi e non reprimersi”.

Annarita D’Urbano, che dopo anni di maltrattamenti e la perdita di un figlio a causa della violenza del compagno, ha trovato il cammino della rinascita e ha fondato il “Centro antiviolenza Iside”: “Sono stata la prima vittima del Centro antiviolenza Iside. Io sono sopravvissuta, ma mio figlio non ce l’ha fatta: è stata ucciso con un calcio sferato dal mio maltrattante. All’epoca non c’erano associazioni, ce la dovevi fare da sola e anche le porte della famiglia si chiudevano in quegli anni. Per la donna era solo una vergogna. Nel 2014 ho voluto Iside. C’è ancora tanta strada da fare ma tanta ne abbiamo fatta. Ho paura? Sì ho paura, ma non fa niente ogni donna che salvo è un fiore che dono a mio figlio”.

Manuela Cesta, ha denunciato il suo maltrattante per il quale è riuscita ad ottenere una pena di tre anni e dieci mesi: “Vorrei dedicare questo momento e questo giorno a tutte quelle donne che mi sostengono costantemente e mi sono state di esempio nelle Case Rifugio. A tutte le donne che fanno parte di questa organizzazione e alla mia famiglia che mi aiuta ancora oggi e non mi ha mai abbandonato. Invito tutte le donne a rivolgersi ai Centri anti violenza e ad uscire dall’isolamento, non siamo sole, bisogna uscire dal concetto di paura perché una volta superato quel gradino sarà una strada in salita ma ci sono traguardi che donano libertà e un futuro migliore e io ci credo”.

Nadia Lapietra, che dopo aver trovato ospitalità in una Casa Rifugio ha iniziato un percorso giudiziario contro la violenza del compagno ottenendo una condanna definitiva di sette anni e sei mesi: “Ringrazio la Casa delle Donne che mi ha aiutato in questo percorso, l’avvocato come punto di forza e la caserma di Tagliacozzo che mi ha letteralmente aiutato a scappare. La sofferenza è stata grandissima, soprattutto il dolore di vedere le mie figlie soffrire in quel modo molto di più di quello che ho vissuto io. Vorrei dedicare questo attestato a tutte le donne”.

Le voci delle donne: la memoria delle vittime

Ester Pasqualoni, ha ritirato la targa il fratello Mariano: “Ester è stata uccisa nel 2017. Se tutto quello che si è messo in moto oggi come rete di interventi fosse accaduto allora, forse Ester sarebbe ancora qui. Mia sorella ha sottovalutato la situazione, non ha capito il livello di pericolo, non ne ha parlato con nessuno, non ne sapevamo nulla, aveva paura. E’ importante l’azione di sensibilizzazione e le attività dei Centri antiviolenza, se ci fosse stato tutto ciò avrebbe preso coraggio. Era una bravissima oncologa, la sua bontà l’ha disarmata. Le donne devono denunciare e devono essere incoraggiate a parlarne”.

Anna Carlini, ha ritirato la targa l’avvocata Adele Di Rocco: “Il 2017 è stato l’apice dei femminicidi in Abruzzo e nasce dall’Abruzzo il Codice rosso. Viviamo sentenze vergognose, porteremo 70mila firme in Parlamento per rivedere la legge sul rito abbreviato, ci sono orfani dei femminicidi e si continua a morire. Anna era una donna e una mamma accudita dalla sorella, oggi presenzio io perché molti familiari non hanno più la forza di lottare e di entrare nei tribunali. Anna è la sorella, la moglie, l’amica di tutti noi. Vorrei portare una proposta di legge regionale per istituire un Garante delle vittime dei familiari è importante che ci sia lo Stato e le istituzioni, la tematica della violenza deve entrare nelle scuole, nei luoghi di lavoro e nelle istituzioni”.

Fatime Selmanaj e Senade Selmanaj, ha ritirato la targa l’avvocato Emiliana Longo: “Il 25 novembre è tutti i giorni, si continua a morire, si tratta di una vera mattanza nonostante i passi avanti fatti. Fatime voleva separarsi, lavorava in un’azienda agricola e aveva 6 figli. Quando rientrava trovava ingiurie e botte, aveva sopportato tanto per tenere unita la famiglia, ma ha trovato la forza di reagire quando scoprì della violenza sessuale del marito sulle figlie, sulla più grande, Senade e su una delle più piccole. Senade era la più tenace, queste donne sono andate via di casa senza nulla, in attesa dell’udienza preliminare nel 2013, quell’uomo sapeva che Senade lo avrebbe inchiodato e così si è scatenata la furia uccidendo prima la figlia e poi la madre. Con le mie colleghe abbiamo fondato un’associazione nel 2016 e lavoriamo sul territorio marsicano con la Casa delle Donne per supportare e sensibilizzare. E’ necessario coinvolgere i Comuni a stretto contatto con la comunità perché nei piccoli contesti non è facile denunciare”.

Teodora Casasanta, ritira la targa la mamma Alfonsina: “Teodora aveva 38 anni, era psicologa e con lei è stato ucciso il figlio Ludovico di 5 anni. Per noi famiglie resta solo quel giorno, si sopravvive. Perché da quel giorno siamo morti anche noi”.

 

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