Dal 2010 i comuni abruzzesi hanno perso il 28% del personale
Quasi tre punti in più rispetto alla media nazionale

Tra il 2010 e il 2023 i comuni abruzzesi hanno perso il 28,3% del personale comunale in servizio, passando da circa 9.000 unità nel 2010 a 6.410 unità nel 2023. Nello stesso periodo, nei comuni italiani, in media, la variazione percentuale è stata del -25,7%.
È quanto si evince da uno studio dell’IFEL, l’Istituto per la Finanza e l’Economia Locale, istituita nel 2006 dall’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI).
Se le attuali tendenze saranno confermate, IFEL stima che nei prossimi 7 anni il comparto dei Comuni abruzzesi perderà oltre 1.200 dipendenti a tempo indeterminato per pensionamento e altri 1.900 dipendenti per altre cause (es. dimissioni volontarie).
In totale uscirebbero circa 3.100 unità, il 49% del personale attualmente in servizio nei Comuni abruzzesi.
Una situazione drammatica, se si considera che i Comuni abruzzesi, al pari di quelli di tutta Italia, sono già in affanno, soprattutto nei settori tecnici, ma non solo, e che le carenze di organico non sembrano poter essere colmate a breve, stante anche la “disaffezione” verso i Comuni da parte dei giovani e delle giovani che si approcciano ai concorsi pubblici.
Nè sembra che le recenti iniziative poste in atto dal Governo centrale, come il decreto PA, possano risolvere la questione, in quanto, se è vero che si è prevista una formula che potrebbe portare l’aumento del fondo accessorio fino al 48% della spesa sostenuta nel 2023 per il personale non dirigente (potenzialmente, dunque, sono 1,8 miliardi: 1,5 miliardi per il personale non dirigente dei Comuni e 300 milioni per i dipendenti degli altri enti territoriali), con un aumento medio possibile, pro capite, di 3.926 euro lordi all’anno, ovvero 302 euro per 13 mensilità, tali aumenti dipenderanno comunque dalle scelte di ogni amministrazione, che è vincolata dall’obbligo di garantire il rispetto degli equilibri pluriennali di bilancio certificati dai revisori. Tra l’altro gli adeguamenti stipendiali, che permetterebbero, fatte salve le finanze locali, di avvicinare gli stipendi dei Comuni e delle Province a quelli di altri enti locali e dei ministeri, mitigano appena la maggiore mole di responsabilità che grava sugli impiegati comunali, tecnici in primis.
“Se si pensa – dichiara UNITEL, l’Unione Nazionale dei Tecnici degli Enti Locali, sezione Abruzzo – al di là del sentire populista che vede l’impiegato degli enti locali e statale come un fannullone, spesso alimentato, negli ultimi decenni, proprio da chi dovrebbe tutelare e valorizzare i dipendenti pubblici, che gli uomini e le donne che lavorano nella pubblica amministrazione portano avanti servizi essenziali per i cittadini, legate all’istruzione, alla manutenzione e gestione della città, all’anagrafe, ai servizi tecnici in generale, alla sicurezza, ecc., si comprende come la carenza di organici, oltre a sottoporre i dipendenti a carichi di lavoro poco sostenibili, porta ad un peggioramento costante delle prestazioni, con effetti che, già oggi, sono sotto gli occhi di tutti”.
Ritardi negli investimenti, anche quelli finanziati dal PNRR; tempi biblici per rilascio di autorizzazioni; difficoltà anche solo per dialogare con gli uffici; questi sono solo alcuni degli aspetti che i cittadini si trovano, ogni giorno, ad affrontare, e che si addebitano spesso alla “poca voglia di lavorare” di quelli che sono visti come “privilegiati del posto fisso”.
“Siamo cittadini anche noi – continua UNITEL – e ci rendiamo conto delle difficoltà degli utenti ma, ad oggi, la situazione è diventata insostenibile. Lo Stato e le Regioni delegano sempre più compiti ai Comuni ed è diventato urgente ridefinire l’intero assetto delle competenze, ridando valore alle Province, per la gestione dei servizi di area vasta, e riportando funzioni agli organi statali, centrali e periferici, e regionali. Senza di ciò, a breve, il sistema crollerà, e a farne le spese saranno le comunità locali”.