Riserva del Borsacchio: dopo due anni la Regione è costretta a tornare indietro. L’intervento

Roseto. Riceviamo e pubblichiamo l’intervento di Marco Boragatti delle Guide del Borsacchio.
Il “perimetro provvisorio” smonta il taglio illegittimo. Tornano i vincoli ambientali sugli 1.100 ettari. La scienza e la legge parlano chiaro.
Dopo due anni di silenzio e arroganza politica, la Regione Abruzzo è stata costretta a correggere la legge che aveva tagliato la Riserva del Borsacchio. Il nuovo PdL approvato in Commissione Ambiente introduce finalmente la parola che ribalta tutto: “perimetro provvisorio”. Significa che i 25 ettari residui non sono più un confine definitivo e che tornano automaticamente in vigore i vincoli ambientali della legge quadro 394/1991 sugli 1.100 ettari storici della Riserva, esattamente come negli ultimi vent’anni.
È un passo indietro obbligato, ottenuto grazie ai nostri esposti, alle nostre battaglie, alle pressioni sui ministeri. Non è la Regione ad aver aperto un dialogo: è stata costretta a farlo, fino al punto da inviare una lettera di scuse e di impegno. Dopo due anni, la Regione Abruzzo ammette implicitamente ciò che abbiamo sostenuto fin dal primo giorno: la legge era sbagliata e noi avevamo ragione. All’inizio siamo stati derisi, minimizzati, quasi sbeffeggiati. Ma come piccoli Davide contro un Golia politico, abbiamo ribaltato una situazione che sembrava impossibile.
È fondamentale ribadirlo con forza: vincoli ambientali e vincoli paesaggistici non sono la stessa cosa. Derivano da due leggi totalmente diverse, rispondono a due ministeri differenti e tutelano valori che non si sovrappongono. I vincoli ambientali riguardano habitat, specie, biodiversità, e sono responsabilità del Ministero dell’Ambiente. I vincoli paesaggistici tutelano paesaggio, beni archeologici e patrimonio storico, sotto la competenza del Ministero della Cultura. Continuare a confondere queste due realtà significa distorcere la verità. La Regione non può rispondere a una violazione ambientale affinché un’altra legge, semplicemente perché non le conviene affrontare la questione nel merito. La Regione deve risponde al Ministero dell’ambiente e alle violazioni sulla 394\1991 non al Ministero Cultura e usare gli strumenti paesaggistici della 42\2004 . Anche un bambino capisce che sono due leggi diverse e due ministeri diversi.
Il paradosso di questa strategia è evidente: nel tentativo di evitare i vincoli ambientali, la Regione ha creato vincoli paesaggistici ancora più rigidi, che bloccano persino le sanatorie che voleva favorire. Con quell’atto di ottobre, la Soprintendenza ha esteso la tutela a 1.800 ettari da Montepagano al fiume Tordino, riconoscendo una ricchezza straordinaria di storia e archeologia: necropoli, insediamenti dell’età del bronzo, strutture medievali, testimonianze romane e un acquedotto di valore unico. Tutto ciò che la Regione aveva ignorato ha prodotto un vincolo più ampio e più severo del PAN stesso.
Ma c’è un altro equivoco gravissimo da chiarire: una Commissione Ambiente regionale è un organo politico, non scientifico. La legge che la regione ha violato e per cui è stata bloccata impone uno studio scientifico di ente scientifico per modificare i confini. La riserva ha 4 studi scientifici delle università abruzzesi e della sapienza di roma condotte dal 1998 al 2024 che ne motivano scientificamente l’esistenza e tutte con oltre 10 habitat europei da tutelare obbligatoriamente e oltre 600 specie protette da vincolare ambientalmente. Il resto sono chiacchiere da bar . Una commissione POLITICA Non può PER LEGGE produrre studi scientifici, non può certificare la biodiversità, non può sostituirsi a università e istituti di ricerca. La legge quadro lo dice con una precisione assoluta: per toccare anche un solo metro di una Riserva bisogna basarsi su studi universitari, ricerche scientifiche pluriennali e valutazioni ISPRA e coinvolgere enti locali, Provincia e sopratutto Comune che hanno deliberato nei loro organi la necessità e urgenza di tornare a 1100 ettari. E questi studi richiedono anni, come è accaduto per l’istituzione della Riserva stessa. Per modificare un metro servono 10 anni di studi.
In trent’anni, l’Università di Teramo, l’Università d’Annunzio e La Sapienza di Roma hanno già prodotto quattro studi ufficiali che certificano una biodiversità di altissimo valore: 12 habitat di interesse comunitario e oltre 600 specie da tutelare obbligatoriamente. Se oggi la Regione vuole davvero toccare i confini della Riserva, dovrà cercare un’università fuori dall’Abruzzo e dal Lazio, perché quelle del territorio si sono già espresse in modo inequivocabile. E quell’università, venendo sul posto, dovrebbe affermare che ciò che fino a ieri era biodiversità protetta improvvisamente non esiste più. Un’ipotesi che sfida la logica e la realtà dei fatti.
In conclusione, il “perimetro provvisorio” non è un dettaglio: è la prova che la verità ha vinto. Ora la Regione deve completare il percorso tornando ai 1.100 ettari della Riserva, approvando finalmente il PAN e rispettando la scienza, la legge e la tutela del territorio. Continuare a inventare scorciatoie servirà solo a perdere altri anni, aggravare i blocchi e creare nuovi paradossi.
Questo è il momento della responsabilità e del coraggio politico. La Riserva non è un ostacolo: è una ricchezza. E la legge lo ha ricordato a tutti.



