
Lanciano. “Sono rimasto scioccato.
Così mio figlio viene ucciso due volte”: a dirlo è Michele Prospero, il padre del 19enne Andrea, commenta la richiesta di patteggiamento a due anni e mezzo, da scontare con lavori di pubblica utilità, per il 18enne romano finito ai domiciliari con l’accusa di istigazione o aiuto al suicidio.
A riportarlo è il Messaggero.
“Sono rimasto scioccato – ha spiegato ancora Michele Prospero -, anche se avevo messo in programma che avrebbe richiesto l’abbreviato o il patteggiamento, oppure che avrebbe presentato certificati medici per attestare la sua tossicodipendenza. Ma non accetto che si parta da una pena così bassa, dopo che lui si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al gip in sede di interrogatorio di garanzia e che sia stato messo agli arresti domiciliari, anziché in carcere. Sono anche amareggiato dal fatto che né lui né la famiglia si siano mai scusati con noi o abbiano chiesto perdono”.
La rabbia del papà di Andrea – scrive sempre il Messaggero – si è poi concentrata sul fatto che “lui, anziché aiutarlo, magari chiamando un’ambulanza mentre era online con mio figlio, lo abbia spinto a compiere quel gesto estremo”. “Ma sono arrabbiato – ha aggiunto – perché la giustizia non funziona e dà un cattivo esempio ai giovani: così passa il messaggio che certe azioni restino impunite. Non ci si può nascondere dietro al fatto che sia giovane perché tutti lo siamo stati, ma non abbiamo mai fatto azioni del genere”.
La famiglia dello studente contesta poi che il giovane romano non abbia mai cercato un dialogo per chiedere perdono.
“Questo atteggiamento – ha sostenuto – non solo è un insulto alla memoria di Andrea, ma è come se fosse stato ucciso due volte. Noi non vogliamo vendetta, ma verità e giustizia”.
“Se la richiesta venisse accolta – ha sostenuto ancora Michele Prospero -, significherebbe che la giustizia italiana non è in grado di punire e di arginare la delinquenza. In quel caso non potremmo neanche appellarci, ma sarebbe un punto definitivo a questa vicenda. Purtroppo la legge non comprende o non è in grado di prevedere il dolore che deriva dalla perdita di un figlio”.