Sanità, Di Pasquale: “In Abruzzo arretramento del diritto alla salute”
Il commento della dirigente regionale del Partito Democratico

“I verbali degli ultimi tavoli di monitoraggio e le dichiarazioni dell’assessore Verì, confermano, con numeri e toni tecnici ciò che i cittadini abruzzesi vivono ogni giorno sulla propria pelle: una sanità pubblica in grave difficoltà, dove le scelte della Regione – pur definite “giuste” – stanno producendo un impoverimento reale e tangibile dell’assistenza sanitaria, con effetti diretti e pesanti sulla popolazione”.
A dirlo Manola Di Pasquale, dirigente regionale Partito Democratico Abruzzo.
“Mentre si discute di costi di gestione aumentati, di miliardi spesi e di percentuali di scostamento rispetto alle medie nazionali, il dato reale e ineludibile è che in Abruzzo curarsi è sempre più difficile. Gli ospedali sono in affanno, i reparti chiudono o vengono ridotti, le liste d’attesa si allungano fino a superare ogni limite di dignità, e per ottenere una visita o un esame diagnostico in tempi accettabili si è spesso costretti a rivolgersi al privato, pagando di tasca propria ciò che dovrebbe essere garantito dal servizio pubblico. La Regione parla di “riallineamenti contabili” e di “interventi correttivi”, ma intanto i cittadini restano senza risposte. I numeri citati dall’assessore Veri – l’aumento del costo dei servizi da 1,8 a 2 miliardi di euro, l’incremento del debito sanitario, il balzo della spesa farmaceutica – sono la fotografia tecnica di un disastro sociale: sono numeri che si traducono in meno medici, meno infermieri, meno ambulatori, meno cure”.
E ancora: “Non si tratta solo di contabilità o di equilibrio finanziario, ma di un arretramento drammatico del diritto alla salute. E mentre si invocano criteri di riparto penalizzanti e si scaricano le responsabilità altrove, si dimentica che il compito di chi governa è garantire i servizi, non giustificarne il progressivo smantellamento. Di fronte a questa situazione, il rischio di commissariamento non è più una minaccia politica, ma una possibilità concreta determinata dall’incapacità di rispondere ai bisogni delle persone. Inoltre, ciò che colpisce è l’assenza totale di una visione centrata sul cittadino. Si parla di piani operativi, di verifiche con i tecnici ministeriali, ma non si fa menzione dei malati in attesa, delle famiglie che non riescono a prenotare una visita, degli anziani che percorrono decine di chilometri per un esame di base, dei medici e degli operatori sanitari lasciati senza risorse né personale di supporto”.
Per Manola Di Pasquale, “a fronte di tutto questo, le uniche cose che aumentano sono le tasse regionali sulla sanità, i ticket e i costi indiretti che ogni famiglia abruzzese deve sostenere per potersi curare. Ciò che emerge chiaramente, oltre i toni rassicuranti dell’assessore, è la fine progressiva della sanità pubblica come diritto universale, sostituita da un sistema sempre più costoso, inefficiente e diseguale. Tradurre quel linguaggio tecnico in verità quotidiane significa dire con chiarezza che oggi, in Abruzzo, ammalarsi è anche un problema economico, oltre che di salute. E che dietro le cifre, i bilanci e i verbali, ci sono persone che aspettano, soffrono e spesso rinunciano. Questo non è accettabile. Non lo è per chi crede in una sanità pubblica, equa e accessibile. E non può più essere nascosto dietro nessuna dichiarazione autoreferenziale”.