Ragazzina cacciata da un ristorante di Pescara per la maglia della Lazio: infuria la polemica

Pescara. Ha raggiunto il clamore nazionale l’episodio avvenuto lo scorso week end in un ristorante sulla riviera nord di Pescara, dove una ragazzina non è stata fatta entrare perché indossava cappellino e maglia della Lazio, squadra avversa ai tifosi pescaresi.
“Se vuoi entrare te li devi togliere” si sarebbe sentita dire la 13enne Emma che, in vacanza a Montesilvano con mamma e papà di Civita Castellana, si era spostata a Pescara per una giornata di svago in bicicletta e un pranzo a base di pesce. Arrivati sulla soglia del ristorante, però, il diniego ad entrare: “Tu non entri con quel cappello e quella maglietta della Lazio. Te li devi togliere se vuoi entrare”.
I genitori hanno denunciato quanto accaduto sui social, scatenando un caso nazionale e incassando anche la solidarietà della S.S. Lazio, che su X ha scritto:
CARA EMMA,
ABBIAMO LETTO LA TUA STORIA E CI HA COLPITO PROFONDAMENTE. NON RIUSCIAMO
NEMMENO A IMMAGINARE QUANTO SIA STATO BRUTTO SENTIRSI DIRE DI NON POTER ENTRARE
IN UN LOCALE SOLO PERCHÉ INDOSSAVI CON ORGOGLIO IL CAPPELLINO E UNA MAGLIETTA
CON I COLORI DELLA TUA AMATA LAZIO.…
Quindi l’invito al centro sportivo di Formello, e la risposta anche della Pescara Calcio:
“Abbiamo appreso quanto accaduto alla vostra giovane tifosa. Negare l’ingresso in un locale della nostra città a una bambina per la sua fede calcistica è un gesto che non ha alcuna giustificazione. Cara Emma, ci dispiace per ciò che hai vissuto”.
I titolari del ristorante coinvolto, a loro volta, hanno chiesto scusa a Emma e alla sua famiglia, invitandoli tutti a pranzo, affermando, come riporta Il Messaggero, che “la persona che ha risposto in quel modo non ci risulta essere il titolare del ristorante. Evidentemente qualcuno si è spacciato per lui: a ogni modo la famiglia è la benvenuta e la bambina può indossare la maglia che vuole, è sempre bella”.
I ristoratori, peraltro, affermano di aver ricevuto, dopo le polemiche sui social, minacce, anche di morte, dovendosi rivolgere alla questura per tutelarsi.