Ospedale Atri, l’opposizione attacca: “I documenti raccontano un’altra storia”
Appello a politica, sindacati e Istituzioni

Atri. “Nel luglio 2024, il sindaco di Atri e il presidente del Consiglio comunale annunciavano pubblicamente il rilancio dell’ospedale San Liberatore. Parlavano di un incontro positivo con la direzione della ASL, di impegni presi, di segnali concreti in arrivo.
Il dottor Marini, oggi presidente del Consiglio comunale, dichiarava che la sua candidatura ad Atri era nata per proteggere l’ospedale. Il sindaco Ferretti ringraziava pubblicamente i vertici della ASL e parlava di collaborazione.
Oggi, a distanza di un anno, i documenti ufficiali raccontano una realtà molto diversa”.
A dirlo i gruppi consigliari di minoranza Prospettiva Atri, PD Atri, Movimento 5S Atri , Azione Atri, Officina Atriana
“La Delibera n. 1133 del 7 luglio 2025, firmata dalla Direzione strategica della ASL di Teramo, ridisegna l’assetto ospedaliero della provincia. E in questo nuovo scenario, Atri – insieme agli altri due ospedali periferici – viene ulteriormente depotenziata e posta ai margini della politica sanitaria provinciale e regionale. Il documento, seppur non ancora definitivo, introduce modifiche incisive a diversi dipartimenti e reparti ospedalieri”.
“Per comprendere a fondo, è utile una premessa. Esistono tre livelli principali di struttura ospedaliera:
• UOC (Unità Operativa Complessa): è il reparto vero e proprio, dotato di un primario, personale dedicato, autonomia gestionale e un ruolo centrale nella sanità pubblica.
• UOSD (Unità Operativa Semplice Dipartimentale): ha una funzione riconosciuta, ma con minore autonomia.
• UOS (Unità Operativa Semplice): è il livello più basso, privo di direzione propria e subordinato ad altre strutture.
Per Atri, gli stessi vertici della ASL che avevano rassicurato Ferretti e Marini hanno previsto quanto segue:
• Il Pronto Soccorso è stato declassato da UOSD a semplice UOS, con minori garanzie operative;
• Anestesia e Rianimazione, che supportava anche l’attività chirurgica, è stata declassata a UOS;
• La Farmacia Interna anche, declassata a UOS;
• La Chirurgia laparoscopia è stata soppressa come UOS, al suo posto è stata data una unità di Chirurgia endocrina a Teramo; scelta discutibile, in quanto la UOC di Endocrinologia aziendale è al San Liberatore ed è qui che si svolge il maggior numero di interventi chirurgici alla tiroide.
Clicca sulla foto
E ancora: “L’atto presenta poi delle incongruenze: Anatomia patologica, ad esempio, viene da una parte confermata come UOSD, da un’altra declassata a UOS; quale delle due? E poi ancora, il Day Hospital oncologico, da una parte resta, nel riepilogo dell’atto scompare; a cosa credere? Stante la presenza della Chirurgia interventistica, siamo consapevoli essere un Servizio imprescindibile ma è bene e necessario avere chiarezza. Stessa cosa dicasi per il Servizio Trasfusionale. Nel precedente atto la Cardiologia era definita UOSD, la ritroviamo oggi come UOS; a tutt’oggi è dotata su carta di 8 post letto, mai attivati e di cui aspettiamo ancora la messa in funzione. Anche in considerazione delle ripetute rassicurazioni del Direttore Sanitario Brucchi”.
“La ASL giustifica questi provvedimenti con la cronica difficoltà nel reperire personale disponibile a lavorare nei presìdi periferici. Ma questa narrazione – già adottata in altri contesti provinciali – è pericolosa: più si depotenziano i presìdi, meno essi risultano attrattivi per il personale sanitario, generando un circolo vizioso che conduce al progressivo smantellamento dei servizi. Forse la vera sfida è rendere più attrattiva la nostra ASL ai professionisti sanitari, garantendo mezzi e risorse, in una visione e una mission aziendale che sappia guardare al futuro e vincere le prossime sfide della salute”.
“È necessario essere chiari. Nessuno pretende che tutti i reparti restino attivi come trent’anni fa. Le esigenze della popolazione sono cambiate, l’utenza è diminuita, il sistema sanitario regionale è in sofferenza e il disavanzo impone scelte difficili. Ma ci chiediamo perché ogni volta che si parla di riorganizzazione, Atri sia sempre il primo presidio a retrocedere. Il San Liberatore serve un bacino d’utenza importante, svolge una funzione cruciale per le aree interne. Teramo è difficilmente raggiungibile a causa della pessima viabilità: le urgenze, quindi, non possono essere gestite a decine di chilometri di distanza. Eppure, proprio Atri sembra essere sempre il punto di partenza di ogni taglio. Tutto ciò non è inevitabile, ma è il frutto di scelte politiche e amministrative ben precise”.
Prospettiva Atri denuncia “con forza l’assenza di reazione e strategia da parte dell’amministrazione comunale, che avrebbe potuto – e dovuto – attivarsi per tempo, utilizzare gli strumenti dell’ente locale, costruire alleanze con altri territori. Invece, ha scelto la via delle promesse e degli annunci, salvo poi subire in silenzio decisioni già prese altrove. Non è in discussione la buona fede, ma la capacità di esercitare un ruolo politico autorevole e incisivo, soprattutto quando – come nel caso del sindaco Ferretti – si appartiene alla stessa area politica della Regione e dei vertici della ASL”.
“Il presidente del Consiglio comunale, dott. Marini, che ha la delega per la tutela dell’ospedale San liberatore e che si era candidato con questo preciso obiettivo, non sarà sicuramente contento di leggere il documento della Asl: la Lungodegenza di Atri, ieri sotto la sua guida da Responsabile di Medicina, è finita sotto la UOC di Giulianova. Ci auguriamo sappia farsi sentire e prendere dovuti provvedimenti”.
Alla luce di tutto ciò, Prospettiva Atri lancia un appello alle forze politiche, ai sindacati, ai cittadini e alle Istituzioni locali: si apra finalmente un dibattito serio e pubblico sul futuro del San Liberatore, degli altri ospedali periferici e della sanità pubblica nella nostra provincia. Non possiamo più permetterci che decisioni così rilevanti vengano prese nel silenzio e senza ascoltare i territori. Atri non può diventare un presidio di seconda fila, penalizzato da scelte calcolate solo sulla base dei numeri, senza considerare l’impatto sulla vita delle persone di Atri, Silvi, Pineto, Roseto e di tutta la Val Fino. Serve responsabilità. Serve, soprattutto, una voce che difenda davvero la dignità e i diritti del nostro territorio”