
Parte questa mattina, davanti alla Corte d’Appello di Perugia, il processo bis per la strage dell’hotel Rigopiano, il resort di Farindola travolto il 18 gennaio del 2017 da una valanga sotto la quale morirono 29 persone.
In un’aula, una folla di parenti delle vittime, quasi tutti con le magliette raffiguranti le immagini dei loro parenti morti.
Il processo è stato richiesto dai giudici della Cassazione che lo scorso 3 dicembre hanno parzialmente accolto l’impianto accusatorio della Procura Generale in riforma a quelle che erano state le sentenze di primo e secondo grado.
Il nuovo processo riguarderà 10 imputati, tra i quali 6 funzionari della Regione accusati di disastro colposo: Carlo Giovani, Carlo Visca, Sabatino Belmaggio, Vincenzo Antenucci, Emidio Primavera e Pierluigi Caputi.
Gli altri 4 imputati sono accusati, tra gli altri reati di omicidio colposo, reato che, però, è ormai prossimo alla prescrizione: si tratta dell’ex sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta (per il quale era stata annullata la sentenza di condanna), del tecnico comunale Enrico Colangeli e dei due funzionari della Provincia di Pescara Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio.
L’elemento nuovo, per questo procedimento, è quello della prevenzione. Secondo i giudici della Cassazione, i funzionari regionali avrebbero dovuto applicare la legge che li obbliga a redigere la carta localizzazione pericolo valanghe. Un documento che, sostengono i giudici, avrebbe potuto scongiurare sicuramente la tragedia, in quanto l’hotel sarebbe stato con ogni probabilità chiuso durante i mesi invernali.
Se la carta fosse stata applicata, secondo gli ermellini, l’hotel sarebbe potuto essere classificato come a rischio valanghe, cosa che avrebbe comportato il divieto di accedervi oppure di utilizzare le strutture in esso presenti, “ovvero – scrissero nelle motivazioni della sentenza – ne avrebbe imposto un uso disciplinato (limitato, per esempio, alle stagioni non invernali”. “Era tal conclusione possibile? – si chiedono i giudici – Tale conclusione era possibile e anche dovuta”.
Da qui la rimodulazione alla sentenza di secondo grado con la richiesta di un nuovo processo, in particolare, per sei dirigenti della Regione Abruzzo, assolti nei precedenti gradi, sull’ipotesi di reato di disastro colposo, per la mancata applicazione della Carta Localizzazione Pericolo Valanghe.
Riguardo gli altri imputati, la Cassazione ha confermato l’assoluzione dell’ex prefetto Francesco Provolo e di un dirigente della Prefettura, Leonardo Bianco, dall’accusa di depistaggio, confermando la condanna per i delitti di omissione di atti d’ufficio e falso ideologico – in via di prescrizione – e confermato le condanne per l’ex gestore dell’hotel e per il geometra che aveva redatto la relazione allegata al permesso per la ristrutturazione dell’albergo stesso per i reati di falsità ideologica.