
Fino a poco tempo fa il vino rosato veniva considerato una semplice alternativa ai “sacri” bianco e rosso ma, con l’incremento della conoscenza delle relative pratiche di vinificazione e l’ausilio della tecnologia, oggi possiamo contare su una varietà di rosati diversi per vitigno, struttura, aromaticità, colore, secchezza, ecc.; addirittura una porzione della vigna di uve rosse viene destinata ad “uve da rosato” con metodi e cure appropriate, con una vendemmia lievemente anticipata.
Per verificare ciò ho organizzato due serate a tema a Begap, un home restaurant situato in zona Convento di Mosciano S. Angelo in cui Fiorenza e Stefano ti ospitano a “casa loro” con tutto il calore e la passione necessaria!
Ben sei vini rosati pronti per essere “vissuti” ma non giudicati in quanto appartenenti a categorie molto diverse; il tutto semplicemente per avere una visione completa o quasi di questi “calici in rosa”.
Iniziamo con un rosato del Sancerre (100%pinot noir) splendida zona situata nella porzione centro-occidentale della Francia con vigne che seguono il percorso della Loira fino alla foce presso il golfo di Biscaglia. La Pierrère è una solida maison situata a Verdigny che produce uno splendido rosè di soli 12,5 gradi alcolici che, pur essendo il meno costoso in catalogo, è un eccellente “estratto di terroir”; colore tipico, struttura notevole ma soprattutto complessità e sapidità caratterizzano “la petite pierrère” , un vino che piace sia al novizio che al super intenditore e si è abbinato perfettamente alla ricotta fritta al limone con pinoli tostati , crema alle foglie di fico e polvere di limone bruciato.
La Petite Pierrere, vino identitario, costa 12 euro in enoteca ed è importata da Proposta vini di Trento. Passiamo al secondo vino rimanendo in “Francus” ma scendendo a sud-ovest in Acquitania, precisamente nella zona di Bordeaux in cui lo Chateau de Puybarbe (situato a Mombrier) produce l’Annabel, un rosè di merlot e cabernet sauvignon biologico con una struttura un pò più elevata del precedente (ma con soli 13 gradi alcolici), una discreta complessità ma molta meno sapidità. Comunque i 14 euro necessari per acquistarlo sono in linea con la qualità del prodotto.
Con il terzo vino torniamo in Italia anzi, in Abruzzo, nella nostra amata provincia di Teramo per un rosato “non cerasuolo” frutto della ricerca e del lavoro di due “spiriti avventurieri”, Gaetano Faraone e Giada Zanato, compagni nella vita e nel lavoro; enologo abruzzese lui, ed influencer trevigiana lei, hanno messo in piedi un’aziendina iper artigianale dando nuova vita ad una vigna “dimenticata” nella frazione di Ripattoni di Bellante. Identificati i vitigni , la visionarietà di Gaetano ha concepito 3 vini di cui il rosato in assaggio è l’ultimo nato (la recensione sul rosso “viva la libertà” la trovate in “A passeggio tra rossi”) ed ha un nome (concepito da Giada) che è tutto un programma : “Una, nessuna, centomila”.
In linea con la concezione delle diverse identità della novella di Pirandello, invita ad una visione diversa del rosato abruzzese, in questo caso non un cerasuolo ma un uvaggio tra l’immancabile montepulciano d’abruzzo e la malvasia che Gaetano ha trovato nella vecchia vigna. Diciamo subito che il colore non è marcato come un cerasuolo e non ne contiene neanche il sentore deciso di ciliegia; è semplicemente alternativo, dotato di un’ ottima struttura e molto lungo. Insomma, una digressione sul tema cerasuolo didatticamente interessante che pochi produttori abruzzesi propongono, paghi di rimanere in “zona comfort” cerasuolo! Errare ed errore, hanno la stessa radice comunque se non “erri” cioè ti butti in nuove avventure, non scoprirai mai nulla! Vino fuori dagli schemi per un piatto fuori dagli schemi ma costituito da un frutto della terra molto semplice: la patata!
Con le “sfoglie di patata al ginepro, crema al burro agli agretti” (tutti ingredienti provenienti all’interno delle mura begap) lo chef Stefano Olivieri si è superato, infatti è con le materie prime “povere” che si vede il “manico”. Il prezzo di vendita di “una, nessuna, centomila” è di 16 euro: un prezzo certo importante ma le realtà artigianali che producono un migliaio di bottiglie, hanno costi fissi difficili da ammortizzare. Con il quarto ed il quinto vino esploriamo il mondo dei cerasuoli d’Abruzzo classici quindi con il sentore di ciliegia nettamente percettibile in un contesto di media struttura e morbidezza a volontà!
Dopo aver gustato la tartare di piselli, spuma di mozzarella, porro arrostito e olio all’allium, iniziamo con il terroir “Loreto Aprutino”, appartenente al pescarese “collinare” molto vocato per la viticoltura; il cerasuolo Torre Raone, dell’omonima azienda diretta dal giovane enologo Dante Di Tizio, nel calice mette in mostra il bel colore “cerasa” vivace e, con una gradazione alcolica di soli 12,5 % risulta molto delicato in bocca con un buon equilibrio tra tutte le componenti a parte la struttura, un pò deboluccia. Diciamo che entra bene e finisce meno bene e se si tiene conto del costo di ben 11 euro ne esce maluccio!
Con il secondo cerasuolo ci spostiamo nell’alto chietino, precisamente a Villamagna dove la Cascina del Colle della famiglia D’Onofrio produce un cerasuolo biologico classico dal 13% di volume alcolico e soli 8,50 euro come prezzo di vendita in enoteca (onesta); il colore “cerasa” è decisamente più marcato del precedente, segno di una struttura “morbida” superiore ed infatti al palato si rivela un cerasuolo eccellente per giunta senza stranezze sensoriali o pericolose digressioni gustative. Promossissimo e bravi i D’Onofrio!
Con l’ultimo vino rosato, dopo aver stra gustato ed apprezzato un manzo a lenta cottura al barbecue con purea di patate e verdura ripassata, siamo andati sulla “stranezza” o visionarietà che dir si voglia con un metodo ancestrale di barbera dell’azienda Piccolo Bacco dei Quaroni dell’oltrepò Pavese; il loro “La posa” è un vino “pètillant naturel” cioè con una moderata fermentazione in bottiglia non filtrato dalla gradazione alcolica di 12,5 in vendemmia 2023 in quanto l’ho tenuta volutamente in cantina un anno per far sì che la posa (che contiene lieviti morti ma non troppo e tracce di tannini) si amalgamasse con il vino.
Il risultato è stato un vino di basso grado alcolico ma di struttura imponente con gli aromi di rosa leggermente appassita e la bollicina veramente minuta a “carezzarci” il palato: a mio avviso una “bomba”! Il prezzo di 16 euro vale tutto il prodotto che “sazia” il palato al punto che si è spinti a non abusarne e se teniamo conto della certificazione biologica e dell’artigianalità, non si può non assaggiarlo! Piacevole conclusione con una torta con grano saraceno, farina di riso, nocciola e gocce di cioccolato preparata da Fiorenza a cui, fuori concorso, abbiamo abbinato uno splendido pedro ximenez “Vina 98” di Alvaro Domecq.
Specifichiamo che tutti i vini assaggiati tranne l’ultimo, sono stati in versione vendemmia 2024 (annata troppo calda quindi difficile) in cui il terroir migliore e/o la saggezza del viticoltore hanno fatto la differenza! Il più innovativo è stato una nessuna, centomila, il più “diverso” La Posa, il più identitario (per me il migliore in assoluto) il pinot noir la Petite Pierrere ed il cerasuolo PIU’ cerasuolo La Cascina del Colle. Un ringraziamento a tutti i degustatori in special modo al più “iconico”, l’ingegner Gianni d’Eugenio, vero “animale da serata conviviale”. Ovviamente tanta DEVOZIONE a Fiorenza e Stefano che, a soli 30 euro ci hanno deliziato il palato, servito ed ospitato in una splendida location rurale.
Stefano Grilli – ENOTECA SARAULLO – ANNO DOMINI 1966 – TORTORETO TEL.3336441563