
La recente presa di posizione del sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, lungi dal dissipare i dubbi sollevati nei giorni scorsi, finisce paradossalmente per confermare nella sostanza le critiche avanzate in merito all’emendamento inserito nottetempo nel disegno di legge di assestamento di bilancio.
Con la sua nota, infatti, il sindaco Biondi ammette implicitamente ciò che fino a ieri era soltanto sospettato: la modifica della legge regionale sulla Polizia Locale è stata calibrata su misura per il Comune dell’Aquila.
È lo stesso Biondi a ricordare che il Comune capoluogo non ha ancora dato esecuzione a ben sei sentenze, del TAR e del Consiglio di Stato, che impongono la nomina di un Comandante della Polizia Locale. Ne consegue che l’intervento legislativo, presentato con il volto rassicurante della “norma generale”, viene invece descritto dal primo cittadino come strumento indispensabile per risolvere una criticità esclusivamente aquilana, confermandone così la natura ad personam.
Non si può tacere, inoltre, come la modifica normativa presenti evidenti profili di legittimità costituzionale: appare costruita per favorire un singolo ente, in palese contrasto con i principi di generalità, astrattezza, imparzialità, uguaglianza e buon andamento che devono sempre ispirare l’azione legislativa, nonché lesiva di competenze legislative proprie dello Stato.
Le dichiarazioni del sindaco Biondi in merito al rispetto dei principi di rotazione e di prevenzione della corruzione non solo non eliminano la criticità principale, ma appaiono persino fuorvianti: una legge regionale non può essere modellata ad uso e consumo di un singolo
Comune ed è anche bene ricordare che i principi richiamati risultano già compiutamente regolati dal legislatore statale, e in particolare dal comma 221 della legge n. 208/2015, disposizione che, inserendosi nella materia della prevenzione della corruzione e della disciplina degli incarichi dirigenziali, appartiene alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Ne deriva che la Regione Abruzzo non aveva né ragioni sostanziali, né tantomeno legittimazione costituzionale per intervenire su un terreno normativo già esaustivamente presidiato dalla legislazione nazionale. Il tentativo di giustificare l’emendamento come strumento volto a garantire legalità e trasparenza si rivela, dunque, falso e pretestuoso nonché privo di fondamento poiché l’ordinamento giuridico disponeva già di strumenti idonei e generali a presidiare tali esigenze, senza necessità di interventi ad hoc che poi inevitabilmente rischiano
di tradursi in norme di favore.
In ogni caso quei principi potrebbero trovare tutela attraverso l’istituzione di un “albo regionale dei comandanti” della Polizia Locale, dal quale i sindaci possano attingere anche per attribuire incarichi “a scavalco” al fine di garantire professionalità, imparzialità e trasparenza all’azione di
legalità perpetrata dalla Polizia Locale, senza ricorrere a sotterfugi come l’impropria attribuzione delle funzioni di comandante ai propri capi di gabinetto o al segretario comunale, ruoli del tutto estranei alla specifica competenza tecnica e operativa richiesta.
Si invitano pertanto le istituzioni regionali a farsi parte diligente nella promozione di tale albo, anche mediante il coinvolgimento degli organismi tecnici di supporto alla Giunta e al Consiglio Regionale, per assicurare regole certe e valide per tutti i Comuni, senza eccezioni di favore.
Parallelamente, si rinnova l’appello al Prefetto dell’Aquila, quale commissario ad acta, affinché dia finalmente attuazione al giudicato amministrativo la cui Applicazione è ormai inevitabile, mediante la nomina del Comandante della Polizia Locale del Comune dell’Aquila, nel pieno rispetto delle sentenze e della legalità costituzionale.
In definitiva, con le sue stesse parole, Biondi “esce allo scoperto”: egli stesso conferma che la modifica normativa è stata concepita per il Comune dell’Aquila, smentendo l’asserita neutralità dell’emendamento. Una presa di posizione gravissima, che non appare certo in linea con l’imparzialità istituzionale e il dovere di osservanza della legalità che dovrebbe caratterizzare l’operato amministrativo di ogni sindaco, soprattutto di un capoluogo di regione.
Diverso, e più rispettoso delle regole, si è dimostrato il presidente del Consiglio regionale, Lorenzo Sospiri, che ha colto la fondatezza delle obiezioni sollevate e si è reso disponibile a intervenire per ricondurre la vicenda entro i binari della legalità e dell’equità normativa.