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Teramo

Atri, vendita reti del gas. La minoranza: esigenze di disavanzo, no per investimenti

Nel Consiglio comunale abbiamo votato contro la vendita della rete del gas del Comune di Atri. Non per ideologia, ma perché questa operazione, pur essendo formalmente legittima, non nasce da una strategia di sviluppo: nasce dalla necessità di ripianare il disavanzo e dimostrare agli organi di controllo che il Comune sta incassando risorse.

È importante dirlo chiaramente ai cittadini fin dall’inizio: questa vendita non servirà a realizzare investimenti per Atri, né a migliorare servizi o qualità della vita. I proventi dell’alienazione della rete del gas, per legge, non possono essere utilizzati per la spesa corrente e, nei fatti, saranno destinati a coprire una parte del disavanzo, contribuendo a far tornare i conti sulla carta. Questa operazione serve quindi a
far quadrare i numeri oggi, non a costruire opportunità domani.

La vendita della rete del gas non è un atto tecnico neutro. È una scelta politica di indirizzo, che incide direttamente sul patrimonio comunale e sull’autonomia finanziaria dell’ente. Vendere la rete del gas significa ridurre il patrimonio del Comune.
E un Comune con meno patrimonio è un Comune più debole: con minore capacità di indebitarsi, minori possibilità di accendere mutui, meno strumenti per finanziare opere pubbliche e investimenti strategici nel tempo.

Non si vende solo un’infrastruttura: si riduce la capacità del Comune di programmare il proprio futuro. È inoltre necessario chiarire il confronto tra vendita immediata e mantenimento della proprietà.
Mantenere la rete del gas fino al 2038 avrebbe consentito al Comune di incassare con certezza comunque circa 1.300.000 euro, risorse stabili e programmate nel tempo, utilizzabili come garanzia per mutui, per il
finanziamento di opere pubbliche o per sostenere investimenti strategici a favore della città. La vendita anticipata comporta invece la perdita definitiva di un bene patrimoniale che avrebbe potuto rafforzare la struttura finanziaria dell’ente. Un Comune con meno patrimonio è un Comune con minore capacità di
indebitamento, minore possibilità di pianificazione e meno strumenti per costruire sviluppo nel medio lungo periodo.
C’è poi un aspetto che riguarda direttamente i cittadini. Nel contratto di vendita non è previsto alcun obbligo per il soggetto privato acquirente di investire sull’estensione o sul potenziamento della rete. A questo si
aggiunge un ulteriore elemento critico: il Comune di Atri non ha nemmeno provveduto a stimare e comunicare all’Ambito territoriale (ATEM) le ulteriori necessità di metanizzazione del territorio, condizione
indispensabile affinché tali interventi potessero essere eventualmente inseriti tra gli obblighi del futuro
gestore in sede di gara.

Questo significa che: le abitazioni oggi non raggiunte dal gas non avranno alcuna garanzia di essere collegate; eventuali nuovi allacciamenti dipenderanno esclusivamente dalle scelte economiche del privato;
i costi ricadranno sui cittadini, senza una reale regia pubblica.
Rinunciando alla proprietà della rete, il Comune rinuncia anche a uno strumento strategico di indirizzo su un
servizio essenziale.
Guardando al medio-lungo periodo, è inoltre necessario essere chiari: l’Unione Europea sta orientando risorse verso infrastrutture energetiche e reti, ma l’accesso a queste opportunità richiede visione, capacità progettuale e titolarità degli asset. Vendere oggi significa ridurre la
possibilità per Atri di giocare un ruolo attivo in eventuali percorsi futuri. La documentazione trasmessa evidenzia come, a partire dal 2027, il Comune preveda di incassare circa 7 milioni di euro, un dato utile a dimostrare la sostenibilità del piano fino a fine mandato. Ma mostrare entrate sulla carta non equivale a rafforzare la città. Questa operazione migliora alcuni indicatori finanziari nel presente, ma non produce
sviluppo, non crea lavoro, non migliora i servizi. Al contrario, impoverisce strutturalmente il Comune e ne
riduce l’autonomia futura.
Per queste ragioni abbiamo votato contro.
Perché Atri non ha bisogno solo di sopravvivere contabilmente, ma di scelte che guardino davvero al futuro
dei cittadini, delle famiglie e del territorio.

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