ACCEDI AL CANALE WHATSAPP E RICEVI LE TOP NEWS DEL GIORNO:

ACCEDI AL CANALE
Sport

Mancata iscrizione del Castelnuovo: parla il patron Attilio Di Stefano

“Mi trovo costretto, ancora una volta, a prendere spazio sui media per replicare a una situazione – quella della mancata partecipazione al campionato di Serie D – che sembra essere diventata terreno fertile per una certa frangia di detrattori, ancora intenti ad allestire teorie e complotti nel tentativo di screditare il sottoscritto.

È vero che, nelle ultime settimane, a seguito delle decisioni prese per il futuro del Castelnuovo Vomano, mi sono esposto personalmente a un vespaio di polemiche. Tuttavia, queste stanno ormai travalicando i limiti del confronto sportivo, colpendo la mia persona e la mia famiglia, questo lo trovo francamente inaccettabile.

È altrettanto vero che tali invettive provengono da soggetti ai margini del movimento sportivo, che scrivono senza conoscere i fatti, alimentandosi di “sentito dire” e protetti dall’anonimato, spesso nascosti dietro una tastiera.

Sono pienamente consapevole che i tifosi e coloro che, seppur pochi, hanno creduto nel progetto provino oggi una profonda delusione. Come uomo di calcio, comprendo bene i sentimenti di chi ha vissuto due anni intensi, culminati con una promozione conquistata con merito, attraverso gioco e risultati eccezionali. È normale, quindi, che resti l’amaro in bocca.

Mi è stato segnalato un articolo relativo alla mancata iscrizione del Castelnuovo Vomano alla prossima Serie D, al quale desidero rispondere, non accogliendo le provocazioni dell’autore, ma cogliendo l’occasione per fare chiarezza su alcuni aspetti. Credo sia importante comprendere a fondo la realtà del calcio italiano, soprattutto nelle categorie minori. È troppo facile addossare colpe a chi, come me, si è assunto responsabilità rilevanti. In questo caso, la mia “colpa” più grande sembra essere quella di aver vinto contro tutto e tutti.

Trovo davvero squallido titolare un articolo usando aggettivi come “brutta vicenda” per riferirsi al percorso di una squadra di provincia che ha conquistato, sul campo, una promozione nazionale contro realtà ben più blasonate. Per me, le vere “brutte vicende” del calcio sono altre, società fallite, debiti, dirigenti ambigui che scompaiono dopo aver depredato club storici. Ecco perché non accetto che si etichetti in modo tanto negativo quanto di buono è stato fatto in questi due anni. Perché io non ho depredato nessuno.

Sul campo di Castelnuovo sono passati giocatori importanti, che hanno dato e ricevuto valore. Un giovane allenatore, Del Zotti, ha saputo plasmare una squadra con identità. È vero che nel calcio i risultati possono essere occasionali, ma la qualità delle prestazioni non lo è. Il Castelnuovo dello scorso anno ha unito bel gioco a prestazioni esaltanti. Merito di un allenatore preparato, supportato da un management attento, capace di fare scelte giuste. Tutto questo richiede equilibrio, armonia e soprattutto investimenti.

Perché quello che vedete la domenica allo stadio è frutto di sacrifici economici sempre più pesanti.

Non condivido neanche l’affermazione secondo cui la mia valutazione sul potenziale del territorio di Castellalto sarebbe stata approssimativa. Trovo tale giudizio banale e codardo. Da uomo di calcio conosco bene i meccanismi opachi di questo ambiente. Qualsiasi cosa si faccia, c’è sempre qualcuno pronto a criticare. È facile, quando si gioca con i soldi degli altri.

Ogni squadra, a inizio stagione, dovrebbe puntare al massimo per rispetto di tifosi, sponsor e del calcio stesso. Sono certo che, se fossimo qui a parlare di una salvezza strappata all’ultimo, le critiche sarebbero arrivate lo stesso. Perché la “critica gratuita” è diventata lo sport preferito di molti.

Faccio fatica a comprendere chi sostiene che gli investimenti vadano calibrati in base al territorio. Io ho sostenuto questo progetto comunque, come dovrebbe fare ogni modello societario serio, con spirito competitivo e ambizione, per offrire un’opportunità ai giovani e ai tifosi. Tuttavia, con grande amarezza, ho constatato che più i miei ragazzi vincevano, meno persone venivano allo stadio. La squadra vincente a Castelnuovo c’è stata, eccome. Chi è mancato sono proprio quelli che oggi si permettono di criticare, senza essere stati presenti.

Siamo tutti bravi a spendere belle parole a inizio stagione, ma pochi hanno visione. Quando ho preso la squadra due anni fa, avevo un progetto chiaro: la Serie D, un modello virtuoso per un calcio di provincia con ambizioni. E l’ho realizzato.

In quell’articolo si fa riferimento al caso del Pineto, con un progetto costruito nel tempo e condiviso con il territorio. Ma Castellalto non è Pineto. E lo ha dimostrato: ha avuto per due anni una società vincente e non ha fatto nulla per valorizzarla. Anzi, ha operato un lento sabotaggio.

Forse il motivo è che il “patron” non era del posto, e si è fatto di tutto per allontanarlo? Quando ho messo in vendita la società, nessuno si è fatto avanti.

Mi definiscono un perdente, il bersaglio di tifosi e appassionati. Ma con quale diritto si giudica chi ha dato tutto per questa squadra? Chi non ha messo un centesimo, chi non è mai venuto allo stadio, oggi si sente in diritto di parlare.

Mi tornano in mente le parole forti di Bandecchi della Ternana, che ha definito chi investe nel calcio “o un imbecille o un criminale”. Io, probabilmente, rientro nella prima categoria. Perché ho creduto in un progetto e mi sono illuso di poterlo condividere con chi non ha visione, vive nel passato e non è pronto ad aprirsi.

E per questo Attilio Di Stefano è stato visto come un nemico. Perché veniva da fuori. Eppure, ha regalato due anni di calcio e di emozioni a una squadra che era scomparsa.

Oggi fare calcio in Italia è difficilissimo, persino in Serie A. Figurarsi nelle serie inferiori, dove guadagnano solo quelli che non rischiano nulla. Fare calcio significa prima di tutto sostenibilità, amministrazione sana, rispetto per chi investe. E non è accettabile, per un imprenditore, mettere a rischio le proprie aziende in un sistema dove guadagna solo chi lucra su commissioni, cartellini e consulenze.

Questo è il calcio italiano oggi. A differenza di altri paesi europei, qui non si valorizzano i vivai, non si costruiscono stadi, si saltano due Mondiali di fila, e forse tre. La Federazione è assente. Il calcio esiste solo grazie agli imprenditori che credono ancora nello sport, che vogliono dare una possibilità ai giovani e alle famiglie.

Questi sono i fatti. Che vi piaccia o no, io ci ho messo soldi e faccia, e ho portato il Castelnuovo Vomano in Serie D. E nessuno potrà mai togliermi questo. In quello stadio, con venti tifosi a festeggiare, ho scritto una pagina di sport vera. Oggi, quelli che mi criticano sono molti di più. Ma, se ci riflettono, la risposta ce l’hanno già”.

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio

Adblock rilevato

Hai Attivato un blocco delle nostre Adv. Cityrumors è un Giornale Gratuito. Se vuoi continuare a leggerlo e supportarlo, per favore non bloccare le nostre pubblicità. Grazie.