
Abruzzo. Come voce doganale. Il presidente di FNATI, Fabio Cerretano, sottolinea che il Regolamento (UE) 1308/2013 include il tartufo “coltivato”.
A suo avviso, questa interpretazione apre a un rischio di frodi , poiché si potrebbero “raccogliere e vendere tranquillamente anche i prodotti immaturi” e il tartufo estero o raccolto illecitamente potrebbe passare per prodotto coltivato.
“Mentre in tutte le coltivazioni ortofrutticole il grado di maturazione è pressoché evidente, nel tartufo no”, ha spiegato il presidente Fnati, Fabio Cerretano, “ne discende che, secondo questa interpretazione, si possono raccogliere e vendere tranquillamente anche i prodotti immaturi, con la conseguenza di far scadere qualitativamente un prodotto che, invece, al momento è universalmente riconosciuto come eccellenza Italiana”.
Un altro punto di forte critica riguarda la parificazione tra tartufaie controllate e tartufaie coltivate. Cerretano afferma che nelle tartufaie controllate il tartufo esiste già e il conduttore si limita a migliorarne la produttività, mentre il tartufo coltivato nasce dalla “piantumazione di piante in terreno vergine”. Per Cerretano “non esiste e non può parlarsi di “coltivazione in bosco” che è una locuzione inventata, null’altro che una cialtroneria, da chi vuole accaparrarsi una risorsa, che è libera e ha fatto grande l’Italia da almeno un millennio”.
Fnati vuole che l’Italia utilizzi i propri poteri in sede europea per difendere il tartufo e “escludere il prodotto naturale spontaneo, incluse le tartufaie controllate, dalle regole del mercato ortofrutticolo europeo”. Il tartufo viene definito come “un patrimonio materiale e immateriale (…) italiano” , e prima di essere un prodotto della terra “è un prodotto identitario culturale, sociale e turistico dell’Italia intera”. Il presidente ha aggiunto che svenderlo “a favore di pochi” sarebbe una “perdita immensa per Stato e per tutta la collettività”.



