Uccise moglie a Lanciano, condannato all’ergastolo
Strangolata con fili elettrici nella cantina, inscenato suicidio

Lanciano. La Corte d’Assise di Lanciano ha condannato all’ergastolo Aldo Rodolfo Di Nunzio, 73 anni, sotto processo per l’omicidio della moglie, la collaboratrice scolastica Annamaria D’Eliseo, di 60 anni.
L’uomo è imputato di omicidio volontario aggravato. Il fatto risale al 15 luglio 2022. Secondo l’accusa Di Nunzio – che si è sempre professato innocente – ha strangolato la moglie con alcuni fili elettrici nella cantina-garage della loro abitazione in località Iconicella di Lanciano, inscenando poi il suicidio della donna.
ll pm Mirvana Di Serio al termine della requisitoria davanti alla Corte d’Assise di Lanciano aveva chiesto l’ergastolo per Di Nunzio senza la concessione di circostanze attenuanti; i legali dell’uomo invece avevano chiesto l’assoluzione per il loro assistito. Secondo i carabinieri che hanno investigato non c’è stata colluttazione e nel garage non è stata rilevata presenza di ganci che la donna avrebbe potuto usare per impiccarsi.
Durante il processo grazie alle testimonianze dei cinque figli era emerso il quadro di un clima casalingo litigioso con Di Nunzio definito come un padre–padrone. Annamaria D’Eliseo aveva paura, ma non voleva che l’uomo venisse denunciato per non distruggere l’unità della famiglia. Di Nunzio, sofferente di bipolarismo maniacale, non si curava e per questo motivo i figli avevano scritto una lettera al suo medico curante. Successivamente la donna aveva scoperto di avere un tumore alla tiroide e, temendo di morire, aveva redatto un testamento a favore dei figli. Solo uno dei figli aveva raccontato che la madre – sofferente di depressione – gli aveva riferito dell’intenzione di suicidarsi.
Di Nunzio, ex ispettore dei vigili del fuoco, venne arrestato l’11 gennaio 2024, due giorni prima che scadesse la seconda proroga d’indagine, inchiodato dal file audio del sistema esterno di videosorveglianza dell’abitazione. Nell’analisi informatica fatta dal consulente della Procura, Christian Franciosi dell’Aquila, furono isolati sei secondi di frammenti in cui si sentivano grida della donna, mentre la consulenza di parte, effettuata dal fonico forense Marco Perino di Ivrea e depositata nel maggio 2024 all’apertura del processo, sosteneva che nell’audio vi fosse una voce maschile e nessuna voce femminile.